venerdì 5 marzo 2010

giuseppe piscopo, rete! di Rosella Gallo


A che cosa sta pensando Giuseppe Piscopo? Probabilmente a irretirci con le sue invenzioni. Ancora una volta si tratta di opere che hanno il cuore di cartone e che, abilmente confezionate, costituiscono la trama di un racconto del quale ci ritroviamo protagonisti. Una rete da pesca cala sulle nostre teste, un intreccio vuoi di vasi sanguigni e di nervi, vuoi di relazioni e di contatti che ci rimanda a esperienze plurime del nostro esistere. Rete come costrizione alla quale si aggrappano mani di esseri in fuga ma anche rete di salvataggio, che prendiamo in prestito volentieri da chi fa acrobazie più e peggio di noi e che ha pensato come attutire la caduta, immancabile.
Giuseppe Piscono è napoletano, per cui non può sottrarsi alla seduzione de Il disinganno, il gruppo marmoreo di Francesco Queirolo che, nella Cappella San Severo, mettendo in scena un uomo che è aiutato da un genietto a uscire dalla fitta rete che ha addosso, la dice lunga su quanto sia complicato liberarsi dai viluppi delle passioni umane. E passioni agitano anche la riflessione dell’arte sull’arte, che compare attraverso un elemento che costituisce l’attrezzatura di tradizione dell’artista, quella cornice che delimita uno spazio nel quale penetra la rete di carta, dal quale la rete scende, in un rimescolamento di pittura e scultura che è un altro dei segni distintivi di Piscopo.
Ironia, abilità manuale, rivisitazione della tradizione, una capacità di invenzione incessante, per cui da cosa nasce cosa e da carta nasce arte.

Rosella Gallo

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